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Il luogo “cinto da una siepe fra due boschi” era costituito da una valletta che separava il colle chiamato “Arx” (dalla parte dell’Aracoeli e del Vittoriano) dal Colle “Capitolino” (dalla parte di villa Caffarelli). Nel 192 a.Ch., il console Lucio Furio Purpureo fece costruire un tempio dedicato a Ve-Jove sulla cima dell’Asylum perché fosse guardiano dell’accesso al Capitolium della via proveniente dal Campo Marzio. Il Tempio omonimo aveva una cella trasversale (più larga che lunga) con un pronao di quattro colonne rivolto verso il Campidoglio (la platea è ancora visibile dalla Galleria di Sisto IV dei musei capitolini). L’incendio del Campidoglio dell’83 a.Ch., che distrusse, tra gli altri, il Tempio di Giove capitolino, rese necessaria la ristrutturazione del Colle. Nel 78 a.Ch., il Senato dette incarico a Quinto Lutazio Catulo (123-61 a.Ch), coadiuvato dall’architetto Lucio Cornelio, di ripristinare il ruolo monumentale del Campidoglio, distrutto dall’incendio e di sistemare l’Asylum. In questa fase fu eretto il Tabularium, un edificio che svolgeva le funzioni di contenimento del colle verso il Foro Romano e di Archivio di Stato (conteneva le “tabulae bronzee” su cui erano incisi gli atti pubblici, da cui “Tabularium”). Al fine di rispettare il preesistente Tempio di Vejove (192 a.Ch.) che fu restaurato, l’edificio presentava, nel lato destro della facciata sulla piazza, una rientranza che conteneva l’antico tempio. La facciata del Tabulario, visibile ancora oggi dal Foro Romano, si è conservata ed è ancora visibile la galleria loggiata con grandi archi in peperino che permetteva il passaggio tra i due colli. Le fondazioni costituiscono il vero muro di sostegno del Colle Capitolino rispetto al Foro Romano. Su queste fondazioni fu elevato l’edificio a forma trapezoidale (lati corti convergenti verso la piazza del Campidoglio) cui si poteva accedere dal Foro Romano con una scala a gradini di travertino in un tunnel, ancora esistente, che usciva davanti al Tempio di Vejove, da cui si poteva raggiungere il Tabularium. Un’altra scalinata, a tunnel, in partenza dal Tempio di Saturno (sede dell’erario pubblico) riusciva al livello della Zecca, posta sull’Arce (Giunone moneta) in modo da celare il passaggio della moneta proveniente dalla Zecca e Conservata nel Tempio di Saturno. Dopo l’edificazione (79-96 d.Ch.) del Tempio di Vespasiano (69-79 d.Ch.) e di Tito (79-81 d.Ch.), ai piedi del Tabularium, fu chiusa la scalinata che, all’interno dell’edificio, saliva fino al Tempio di Vejove per la costruzione di una fogna che comportò l’interramento del livello di fondazione del Tabularium. Fino a circa la metà del XII secolo il Tabularium non subì variazioni se non il degrado della struttura dovuto alle incursioni barbariche dal 164 al 476 e, quindi, all’asporto di materiali per il riutilizzo in altre costruzioni. Lo spostamento della capitale dell’impero a Costantinopoli e l’avvento del cristianesimo provocò la perdita d’importanza dell’intero colle capitolino. Intorno all’anno mille, la famiglia dei Corsi costruì un fortilizio, sfruttando la imponenza del Tabularium e la sua posizione elevata e quindi strategica. Enrico IV di Sassonia (1050-1106), con il papa Gregorio VII (Ildebrando di Soana – 1073-1085) assediato in Castel Sant’Angelo e un antipapa, Clemente III (Guiberto Giberti – c.1027-1100) che lo aveva incoronato in San Pietro, distrusse la fortezza dei Corsi, fedeli al papa, intorno al 1083. Nel 1143, la milizia cittadina (nobili) ed il popolo romano (commercianti) rivendicarono l’autonomia del governo della città dal potere dei Papi e presero con la forza il Campidoglio dove insediarono il governo di un rinnovato Senato romano nei superstiti locali del Tabularium. È l’inizio del Comune di Roma ordinato alla stregua degli altri comuni italiani di epoca medievale. Il motivo scatenante della contrapposizione tra i due campi (i papalini ed i promotori di un comune laico indipendente dal potere papale) fu la posizione assunta dal papa Innocenzo II (Gregorio Papareschi – 1130-1143) che era contrario alla guerra contro Tivoli, mentre l’interesse di Roma Comune era quello di incrementare il proprio territorio per sviluppare il proprio commercio con la sottomissione dei comuni circostanti, senza trascurare il desiderio di bottino della milizia cittadina. È di questo periodo il livellamento della piazza dove fu istituito l’insediamento di un gran mercato cittadino. L’istituzione del Comune laico di Roma resistette agli attacchi del papato e poi dei “nobili Baroni” (Theophilacte, Crescenzi, Pierleoni, Frangipane, Corsi, Orsini e Colonna) fino alla fine del XIV secolo ed il palazzo senatoriale fu modificato più volte con successivi adattamenti da parte del governo di Roma a seconda delle funzioni che vi si svolgevano. Immutata la facciata verso il Foro, il palazzo ebbe sulla piazza, nel XII secolo, una facciata unica che aveva inglobato lo spazio del Tempio di Vejove ed era a tre piani corrispondenti ad un triplice ordine di arcate. Il piano terra comprendeva un’unica stanza dotata di loggiato che, sul lato sinistro del palazzo, aveva un ingresso ad arco a cui si accedeva da una gradonata che dava sulla piazza. All’inizio della gradonata era il “Luogo del Leone” (una statua raffigurante un leone che azzanna un cavallo - ora al museo capitolino) dove venivano lette le sentenze emanate dal Senato. Il secondo piano era pure costituito da una grande stanza, con loggiato verso la piazza, dove si amministrava la giustizia. Il terzo piano, coperto a tetto spiovente, comprendeva la sala, pure con loggiato ma più minuto, dove il Senato dava le udienze e dove si riuniva il Consiglio Generale (Senatori e Conservatori). Nel 1299, fu completato un altro loggiato in angolo con via di S. Pietro in Carcere che è ancora visibile. Nel XIV secolo, il palazzo mutò completamente il suo aspetto divenendo una vera e propria fortezza. Infatti furono murati tutti i loggiati e, alla fine del secolo, Bonifacio IX (Pietro Tomacelli – 1389-1404) fece rivestire le facciate con blocchetti di tufo e fece costruire due torri d’angolo sul lato destro dell’edificio (via di San Pietro in Carcere), oggi ancora visibili. A queste due torri se ne aggiunsero altre due, nel secolo successivo (XV): la prima di Martino V (Oddone Colonna – 1417-1431), intorno al 1427, sul lato sinistro del palazzo verso la piazza, ed una seconda, nel 1451, di Niccolò V (Tommaso Parentucelli – 1447-1455) sullo stesso lato ma verso il Foro Romano. Nello stesso anno (1451) furono aperte tre finestre a croce guelfa al livello del primo piano in corrispondenza delle arcate medievali della loggia sulla piazza che erano state tamponate nel secolo precedente. È di questo periodo che la famosa campana “Patarina” sottratta ai viterbesi nel medioevo fu trasferita su una torre merlata che ornava il palazzo senatorio. Nel 1520, in corrispondenza dell’ingresso medievale del palazzo (cui si accedeva tramite una rampa – “Il luogo del Leone”), il senatore Pietro Squarcialupi fece erigere una loggia monumentale a doppia arcata servita da una scalinata di accesso. L’idea di rivedere completamente l’aspetto monumentale del Campidoglio nacque con Paolo III (Alessandro Farnese – 1534-1549) che dette incarico a Michelangelo Buonarroti (1475-1564) di redigere un progetto che prevedesse una nuova piazza del Campidoglio, quale la osserviamo oggi. Michelangelo fece trasportare, nel 1538, la statua bronzea di Marco Aurelio dal Laterano sulla piazza del Campidoglio (la collocazione originale della statua romana è indicata a fianco della colonna di piazza Colonna o nel Foro Romano - come statua di Antonino Pio - nel Tempio dedicato a Antonino e Faustina), e ad iniziare la preparazione del palazzo senatorio per l’applicazione del suo progetto con la demolizione del loggiato di Pietro Squarcialupi, nel 1547. Tra il 1542 e il 1554, fu realizzata la finta bugnatura in travertino liscio che copre il piano terra e la scala doppia che gli si appoggia, ornata dalle statue antiche del Nilo e del Tevere che erano state trasportate sul piazzale del Campidoglio già nel 1517, in provenienza dalle Terme di Costantino sul Quirinale. Tra il 1578 e il 1598, su progetto (1577) di Martino Longhi il vecchio (1534-1591), fu edificata una nuova torre ad uso di campanile, al centro dell’edificio, in sostituzione della precedente torre medievale distrutta da un fulmine, intorno alla metà del XVI secolo, sulla quale fu, di nuovo, spostata la campana “Patarina”. Ma il completamento della facciata avvenne solo dopo la morte del Buonarroti, anche ad opera del suo amico Tommaso de´ Cavalieri (c.1513-1587) e poi, tra il 1593 e il 1598, da Giacomo della Porta (1532-1602), con significative varianti causate da una riduzione dei mezzi a disposizione durante il regno di Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini – 1592-1605). Nel 1588, con l’arrivo dell’acqua Felice (Sisto V) sul Campidoglio, al centro della doppia scalinata di Michelangelo, fu deciso di realizzare una fontana monumentale, sulla quale Clemente VIII, nel 1593, pose una statua raffigurante la Dea Minerva (I° sec.), trovata nella cittadina di Cori (Lazio), e trasformata in simulacro della città di Roma. L’orologio della Torre Patarina, con un nuovo meccanismo, progettato da Raffaele Fiorelli, famoso orologiaio romano, fu posto sul campanile nel 1805 in provenienza del centro della facciata della chiesa di Santa Maria in Aracoeli. Nel 1847, la mostra dell’orologio fu portata da sei a dodici ore, secondo l’ora “francese”. Il meccanismo fu sostituito nel 1902.
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