Piazza Campitelli (R. X - Campitelli; R. XI - Sant'Angelo) (vi convergono: via Montanara, via Capizucchi, via di Sant'Angelo in Pescheria)
Il nome della piazza viene attribuito dal Campidoglio che è racchiuso nel rione Campitelli o forse dal “Campus teli” ivi esistente, per l’esercitazione del tiro dell’asta.
Altri lo riferiscono ai capitelli, ivi rinvenuti, del portico di Livia o dal campitello, cioè dal piccolo campo che era avanti alla “columna index belli inferendi” che era di fronte al tempio urbano della dea Bellona [1] (Palazzo Spinola, già Albertoni, già Pacca).
La storia della chiesa di Santa Maria in Campitelli in Porticu [2], a piazza Campitelli, è legata a quella di Santa Galla [3], già in piazza Montanara. Secondo un’antica tradizione, quest’ultima fu eretta durante la dominazione gotica di Teodorico, regnante Giovanni I (523-526), sulla casa della Santa, figlia di Simmaco. Gregorio Magno (590-604) eresse la chiesa a diaconia cardinalizia, poiché era devoto sia della chiesa che dell’immagine della Madonna che si venerava in quel tempio, chiamata appunto di Santa Maria in Portico, dai vicini portici detti nel medioevo "Porticus Gallatorum”.
La venerata immagine della Vergine fu trasportata nella riedificata chiesa di Santa Maria in Campitelli "per solenne voto di Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667), essendo la città travagliata dal contagio". Di conseguenza la chiesa assunse l’attributo "in Porticu” e l’altra rimase intitolata a Santa Galla. Annesso ad essa, fin dagli antichi tempi, era un ospedale che nel XIX secolo fu unito a quello della Consolazione.
Il cardinale Bartolomeo Pacca (1756-1844) abitò qui in Roma nel palazzo degli Spinola, a Piazza (Santa Maria in) Campitelli, e fu appunto in questa Chiesa, della quale egli fu un assiduo parrocchiano, che vennero celebrate le sue esequie. Un sepolcro monumentale gli fu edificato ad opera di Ferdinando Petrich, allievo di Bertel Thorwaldsen. Però mentre l’epigrafe del monumento s’inizia con “Hic requiescit...”, sembra invece che la salma del Cardinale riposi nella cappella della Madonna del Riposo dove fu collocata in attesa della costruzione della tomba monumentale in Santa Maria in Campitelli.
Dico sembra, perché il curato di questa Chiesa non sa dove siano effettivamente i resti del cardinale.
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[1] ) Bellona, sorella di Marte, chiamata Duellona dai Sabini e Pallade armata dai Greci, era per i Romani la personificazione del valor militare (virtus). Il 3 giugno del 298 a.Ch., le fu dedicato un tempio fuori di città, verso la porta Carmentale e il Circolo Flaminio per il voto di Appio Claudio nelle guerra contro gli Etruschi. Un collegio di “Bellonari” esisteva in un Luco (bosco) sacro alla Dea, sul Colle Capitolino, alla quale essi, invece d’immolare vittime, dedicavano il sangue delle ferite che si facevano sulle mani e sulle spalle. Il tempio, fuori porta Carmentale, era celebre per il senacolo (luogo di riunione) dove si riunivano i capitani vittoriosi che chiedevano il trionfo e non potevano entrare nell’Urbe prima di averlo ottenuto; stessa sorte per gli ambasciatori non graditi in città. Innanzi al tempio esisteva la “columna index belli inferendi” chiamata così perché nelle dichiarazioni di guerra le si lanciava contro un’asta. Rito che risaliva ai primordi di Roma quando Numa (715-672 a.C.) regolò il diritto di guerra, col sacerdozio dei Feciali (Livio I, 24) che così si chiamavano “perché sopraintendevano alla pubblica fede tra popolo e popolo, poiché per essi facevasi che non s’imprendessero se non giuste guerre, e che finito il combattimento si firmassero le condizioni della pace, legandovisi per fede. Prima di rompere si soleva mandare qualcuno di loro a domandare soddisfazione” (Varrone - 116-27 a.C.). Colui al quale era affidata la missione prendeva il nome di “padre patrato” dovendo esser padre di figli viventi. Veniva investito dell’incarico toccandogli il capo con verbena tolta dalla Rocca Capitolina, cui era attribuita virtù purificante e specialmente usata nelle ambascerie. Il “padre patrato”, investito della facoltà di sancire ogni accordo, insieme con un sacerdote compagno, eletto a voti, si recavano ambedue al confine del popolo offensore, vestiti degli abiti e delle sacre insegne e col capo ricoperto da un velo di lana. Giunti al confine, con chiara voce (clarigatio) domandavano ragione dell’offesa e riparazione, chiamando a testimonio Giove: stessa richiesta, varcato il confine, facevano al primo uomo che incontravano, ripetendola ancora alla porta della città e all’ingresso del Foro. Trascorsi trentatré giorni senza aver avuto soddisfazione, rientravano a Roma e, deliberata dal senato la guerra, ritornavano al confine nemico ed ivi, alla presenza di 3 testimoni, il padre patrato lanciava sul territorio nemico un’asta ferrata pronunciando la dichiarazione di guerra con una formula sacramentale. E poiché ciò poteva avvenire solo per avversari vicini, si ricorse a ripieghi quando si trattò di avversari lontani. Avanti al tempio di Bellona, un tratto di terreno fatto acquistare, nel 281 a.C., da un suddito di Pirro, allora nemico di Roma, restò anche in seguito a rappresentare il territorio avversario e su di esso fu consacrata la “columna index belli inferendi” (via delle Botteghe Oscure).
[2] ) L’attributo “in Porticu” derivava dal Portico di Ottavia, che occupava tutta la piazza. L’antica chiesa fu consacrata nel 1218 da Onorio III ("IN NOMINE D.NI AMEN ANNO D.NI = MCCXVIII PONTIFICATUS D.NI HONORI PAPE = ANNO EIUS II DIE V MENSIS APRILIS = INDICT. VI CONSECRATA EST ECCLESIA HEC = AB EODEM SUMMO PONTIFICE ET UNIVERSALIS = PAPA PER EIUS SANCTAS MANUS RECONDITE = SUNT IN HOC ALTARI BEATAE MARIE = VIRGINIS MULTE RELIQUIE SANCTORUM ET SANCTARUM”) e completamente riedificata, nel 1659, da Alessandro VII che fece rifare la facciata per un voto del popolo, per la salvezza dal colera del 1659.
[3] ) L’altar maggiore di Santa Galla era costituito da quell’istoriata ara d’Apollo che era stata il primo altare della Madonna del Portico sulla cui faccia anteriore sta incisa l’epigrafe dedicatoria di Gregorio VII (1073-1085) che edificò e consacrò il tempio.
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